giovedì 21 dicembre 2017

Angelo SenzaDio di Carmelo Musumeci

Non avete ancora comprato i regali per Natale? Potete fare un pensierino a questo libro di Angelo Musumeci.
 
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"Le storie vere non piacciono mai, per questo scriverò che questa è una storia inventata"

Comincia così questo libro di Carmelo Musumeci, dal titolo Angelo SenzaDio (Editore: CreateSpace Independent Publishing Platform), con una bella prefazione di Agnese Moro.

ISBN-10: 1544016441
ISBN-13: 978-1544016443
 

Dalla prefazione di Agnese Moro 
È un bellissimo racconto, pieno di profonda e struggente umanità. È anche un modo poetico di descrivere la nascita di un’amicizia per quello che questa significa soprattutto per il cuore di chi non avrebbe osato sperare di trovarla mai, e tantomeno nel carcere che ruba, a chi lo vive, anche i sogni. 
Ma nel “Angelo SenzaDio” c’è anche qualcosa d’altro. Perché ci parla della possibilità di cambiare che ogni essere umano ha dentro di sé. E di quanto sia importante non essere mai lasciati soli. Con un linguaggio tanto poetico, e a tratti davvero struggente, Carmelo ci racconta la storia di un’anima. Che può essere la sua, quella di altri, o di noi che leggiamo, quando, grazie all’affetto e alla fiducia di qualcuno, riusciamo di nuovo a parlare con noi stessi, lasciando una strada sbagliata e dando invece voce alla nostra più profonda umanità, che aspira sempre a cose belle e grandi.
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Da tanti anni il SenzaDio si era strappato di dosso Dio perché era stato condannato alla pena dell’ergastolo ostativo, meglio conosciuta come "La Pena di Morte Viva”. Da tanti anni viveva in carcere, dentro una cella, con davanti una porta blindata e un cancello, e una finestra con le sbarre di dietro. La vita gli aveva sempre voltato le spalle, ma lui era sempre riuscito a trovare una ragione per continuare a vivere. E, negli ultimi tempi, aveva trovato nel suo cuore e nella sua mente un Angelo che riusciva vedere solo lui. 
Al suo arrivo, vide il nuovo carcere dai fori della parete del blindato che lo trasportava. Poi lo vide da dentro le mura e gli sembrò ancora più brutto. Il pesante portone scrostato e umido si chiuse come le fauci di una belva su una preda ed emise un rugginoso scricchiolio. Il SenzaDio scese dal blindato sul cortile interno del carcere con le manette ai polsi. Fu subito colpito da una ventata di freddo sul viso e il gelo gli punse le labbra. Si guardò intorno. Lasciò vagare lo sguardo e vide muri possenti con in cima alti vetri blindati. In ogni angolo del muro di cinta c’era una torretta con dentro una guardia armata. Al centro, c’era un alto e massiccio edificio. Il SenzaDio capì subito che quella doveva essere la “Prigione delle scimmie”. Ne aveva sentito parlare e pensò che in quel carcere sarebbe stato difficile sopravvivere perché le guardie facevano combattere i detenuti fra di loro. Poi avvertì sulla pelle l’inconfondibile puzza di ogni prigione in cui andava. Era l’odore di dolore.
Aprì la bocca verso il cielo e ingoiò con avidità l’aria pulita del mattino. Poi notò il cielo coperto da una foschia umida e bagnata. Sembrava che il cielo stesse piangendo perché era coperto da un velo di nuvole grigie. Le guardie della scorta lo guardarono con occhi cupi. Gli intimarono di muoversi. Una di queste tese leggermente la catena attaccata alle manette. Il SenzaDio lo fulminò con un’occhiata e non mosse un muscolo. Rimase fermo come un macigno e trattenne a stento un sorriso. Continuò a fissare il cielo come se niente fosse. Lasciò trascorrere qualche secondo. Poi guardò le guardie senza vederle e, ad un tratto, sorrise a se stesso. Voltò le spalle. Si mosse. E, a grandi falcate, quasi trascinando le guardie, entrò nella porta spalancata davanti a lui, portandosi dietro il suo Angelo.

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