giovedì 12 ottobre 2017

La conquista dell'America


Di Sara Acireale 

La distruzione di una civiltà

Il 12 ottobre è stato sempre per l'America e per il mondo il giorno in cui festeggiare la scoperta del nuovo mondo da parte di Cristoforo Colombo. Mi ricordo che nel 1992 (in occasione dei cinquecento anni dalla conquista dell'America) ci sono stati molti festeggiamenti, iniziative si sono moltiplicate. I progetti trasudavano un eurocentrico trionfalismo.
Qualcosa di buono oggi è successo perché il 12 ottobre 2017 non si festeggerà come gli altri anni in tutta l'America. Los Angeles e altri stati hanno cancellato il Columbus Day. La parata del navigatore Colombo è stata sostituita con la «Indigenous Peoples Day».

Non c’è stato mai niente da festeggiare perché i conquistatori arrecarono alle popolazioni locali terrore e morte. Parlare ancora di scoperta e non di conquista e invasione di un nuovo mondo significa confondere subordinazione coatta e incontro tra culture (ovvia ed evidente falsità). Bisogna che ci sia una grande riflessione a proposito di questo avvenimento per fare chiarezza. Invece ancora oggi il mondo europeo non riesce a esprimere tranquillamente un giudizio sereno e veritiero sui conquistadores: personaggi terribili, rozzi e feroci.
È stata, quindi, una conquista e bisogna rimarcare «l'estraneità culturale» dei conquistatori e la prospettiva storica di dominazione in cui si colloca quel lontano 12 ottobre, quando furono messi in moto meccanismi di sopraffazione che hanno segnato secoli di soprusi. Gli indios vennero considerati al di sotto delle bestie dagli spagnoli solo perché risultavano apparentemente arretrati, e vennero definiti degli omuncoli che devono essere sottomessi e che è lecito sottoporre a violenze pur di far loro conoscere la Bibbia , “convertirli” e depredarli dei loro averi.

Era il 12 ottobre 1492 quando Cristoforo Colombo "scoprì" l'America. Dopo due mesi di navigazione finalmente apparve la terra. Quando fu sbarcato, Colombo incontrò gli indiani perché credeva di essere arrivato in India e invece era approdato nel nuovo mondo. In un secondo momento, fu la volta dei conquistadores spagnoli. Non ci fu affatto un incontro tra due culture differenti ma si verificò, da parte degli spagnoli, una cultura egemonica, conquistatrice ed egoista. Non poteva esistere terreno d’incontro con una cultura collettivista come quella degli indios. Non c’è stato un scambio di culture ma lo sterminio di una cultura (quella dei nativi) da parte dell’altra (quella europea).
Da quel lontano 12 ottobre si avviarono meccanismi di violenza e di sopraffazione che ancora oggi persistono. Dopo il viaggio di Colombo gli spagnoli organizzarono insediamenti stabili nelle isole caraibiche come ad esempio a Cuba.
Il primo ad organizzare una spedizione di conquista verso la terraferma fu Hernan Cortés che si avventurò fino al Messico. Cortés parti da Cuba per una spedizione in Messico il 18 febbraio 1519 per approdare il 22 aprile dello stesso anno.
Vennero ridotti in schiavitù moltissimi nativi e vennero utilizzate le ricchezze del loro territorio fertile e del sottosuolo ricchissimo, favorendo di fatto lo sviluppo economico in tutta l'Europa e non solo in Spagna. I conquistadores uccidevano senza pietà gli indigeni ostili a sottomettersi, li atterrivano con le armi per dimostrare com'era facile avere il sopravvento di stuoli numerosi di gente seminuda e pacifica.
Nel 1500 l'impero Azteco e quello degli Incas subirono l'invasione degli spagnoli. Per la loro superiorità militare gli europei conquistarono i due imperi e imposero con la violenza la loro lingua e la loro religione. Anche oggi, infatti, in tutta l'America del sud si parla la lingua spagnola. In Brasile (conquistato dai portoghesi) si parla la lingua portoghese.
Non è stata riconosciuta ancora ufficialmente la più grande usurpazione della storia. Gli uomini bianchi si dovrebbero vergognare per avere distrutto la più grande civiltà che allora esisteva e per avere fiaccato lo spirito di quei popoli fieri. Questo processo che ha portato allo sterminio di circa 40 milioni di indiani tra il 1500 e il 1650 si conferma come un processo definitivo di conquista, di usurpazione del territorio, di malvagità verso i nativi.

Tra passato e presente, oggi come tanti anni fa

Ieri sono stati i conquistatori spagnoli, portoghesi e inglesi. Oggi sono gli yankees, le multinazionali o quei poteri senza volto dentro la stanza dei bottoni che continuano a sottomettere gli indiani d'America (i pellirosse eredi di Toro Seduto). Si può benissimo affermare che oggi l'America (come anche l'Australia) è un continente colonizzato dall'Europa nel quale nessun popolo indigeno ha potuto riprendersi il suo territorio e il suo potere.
Il 25 giugno del 1876 fu realizzata l'ultima vittoria dei pellirosse contro «i lunghi coltelli» come alcune tribù chiamavano i soldati americani. Fu il giorno della battaglia di Little Big Horn in cui il generale Custer diede l'addio al suo sogno di gloria. Ma nemmeno 14 anni dopo il sogno della GRANDE NAZIONE INDIANA si infranse perché Toro seduto fu ucciso da rinnegati indiani mentre si trovava nella riserva di Standing Rock.
Un'intera tribù indiana fu massacrata. Il 29 dicembre del 1890 è ricordato come un giorno funesto perché morirono molti indiani Lakota Sioux... Fu un vero è proprio eccidio perpetrato dall'esercito regolare degli USA in cui combatté anche Alce Nero (capo religioso dei Lakota).
Desidero citare un pensiero di Wallace Black Elk (scrittore e nipote del mitico Alce Nero) che scriveva «Tutte gli oggetti tecnologici di oggi, compresi i computer, dovrebbero essere usati per l'unione dei popoli e la pace. Bisogna cambiare mentalità prima che qualcosa esploda».

Oggi i popoli indigeni delle Americhe stanno acquisendo la consapevolezza di dovere accedere ai loro diritti: alla terra, alla cultura, all'identità. Però devono lottare ancora molto per ottenere i loro diritti, devono scontrarsi con scogli insormontabili.

Uno scoglio è costituito dall'oleodotto che deve portare il greggio dal Nord Dakota fino all'Illinois. Trattasi di un oleodotto progettato dalla società Trans Canada ma che l'amministrazione di Obama aveva bloccato dopo lotte e proteste da parte dei Sioux e di migliaia di attivisti. Alla fine del 2016 Obama dichiarava: «L'oleodotto Keistone XL non si farà». Già in quel periodo Trump aveva preso la sua decisione.

Dopo la decisione del Presidente Trump di fare sgomberare il campo dei Sioux l'oleodotto si farà. Trump è contro le esigenze dei Sioux, sta con le multinazionali, con le Big Oil, anche se l'oleodotto danneggia l'ambiente e toglie spazio vitale ai pellirosse.
Sioux e attivisti hanno lottato fino allo stremo delle loro forze ma non ce l'hanno fatta contro l'arroganza e lo strapotere più becero. Oggi, come tanto tempo fa, vince il più forte anche se ha torto marcio. Oggi come allora vengono violati le terre e i luoghi sacri degli indigeni.

L'America, che è considerata una terra ricca di opportunità per tutti, non lo è mai stata per il popolo dalla pelle rossa. La loro esistenza e quella delle civiltà precolombiane è finita alcuni secoli fa con l'invasione dei bianchi d'Europa. È una colossale ingiustizia. I pellirosse non possono sempre subire e poi quando si ribellano vengono presentati come cattivi...
La situazione degli ultimi superstiti è umiliante e offende la loro intelligenza. Sono confinati nelle riserve e si adattano spesso (per vivere) a fare da richiamo ai turisti ripetendo gli stessi riti che i loro avi rivolgevano alle divinità. I loro figli vengono rifiutati dai coetanei bianchi. Sono adesso in una condizione peggiore di quella dei neri d'America. Mentre la maggioranza degli uomini di colore ha cercato di integrarsi con la «civiltà bianca», i pellirosse si sono mantenuti compatti in una società che tende a eliminare l'idea di gruppo per fare spazio a quella della individualità.
Forse gli indiani d'America di oggi combattono una battaglia perduta in partenza (come in passato) ma non si perdono d'animo. Ogni episodio, come questo dell'oleodotto, serve per fare riflettere il mondo sui loro problemi, per mostrare come la storia di un popolo non deve morire se gli ideali sono giusti. Si possono perdere tante battaglie ma la guerra finale si vincerà.
Gli indiani non vogliono scomparire ma non desiderano nemmeno mescolarsi e omologarsi alla civiltà dei bianchi. Penso che è un loro legittimo diritto, è l'ultima carta che hanno in loro possesso per fare ricordare ciò che i «visi pallidi» hanno compiuto.

Si deve fare conoscere alle nuove generazioni la vera storia, non quella dei vincitori che ci raccontano da sempre ma quella dei vinti. Non deve essere perduta la memoria di questi popoli. La memoria non deve essere una statua di cera conservata nei musei ma uno strumento per leggere il passato e costruire un ponte verso un futuro diverso e più libero.

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